La passione di Cristo di Mel Gibson

la passione di mel gibsonSembra che parlare male di questo film sia come sparare sulla Croce Rossa.

Dico subito che personalmente il film non mi è piaciuto.

Proprio perché è un film di Mel Gibson,  un regista che ci ha regalato dei grandi film, non a caso premiati anche con l’Oscar, questo film non mi è piaciuto,

Anche se nel film ci sono delle belle scene, curate registicamente in maniera superba, come ad esempio quando Maria incontra Gesù verso il Calvario e si ricorda di lui quando era bambino, o la scena “di chi è senza peccato scagli la prima pietra”, tuttavia Gibson, personalmente, non riesce a trasmettermi quelle sensazioni che provo, sempre personalmente, leggendo lo stesso racconto attraverso i Vangeli, come mi accade ogni anno durante la Settimana Santa.

I personaggi sono spesso tirati all’esasperazione, Giuda, il Diavolo, Pietro, i membri del Sinedrio; da questo punto di vista Franco Zeffirelli resta ancora insuperato.

Tuttavia il film non è da scartare del tutto: i costumi, due dei quali donati recentemente al Museo del Tessuto di Prato, le scenografie, la colonna sonora, la fotografia sicuramente saranno oggetto di qualche premio o candidatura Oscar nell’edizione del 2004, perché sono unici.

Un discorso a parte meritano: la scelta di far uscire il film nelle lingue morte in cui è stato girato - aramaico, latino, con sottotitoli - le dure scene della flagellazione e della crocifissione, e l’accusa di antisemitismo.

Personalmente non mi convince la scelta di Gibson di non doppiare il film.

Probabilmente il doppiaggio poteva aiutare a rendere meno duro il distacco che si avverte, in quella che potremmo definire una “indifferenza interpretativa da parte di tutti gli attori”.

La flagellazione e la crocifissione sono quelle raccontate dai Vangeli, forse con qualche “pesantuccia” licenza poetica da parte di Gibson, al fine anche di avere un ritorno pubblicitario; teniamo conto che difficilmente i Romani avrebbero inflitto più colpi di quelli che prevedeva la legge, come invece si vede nel film; cosi come anche alcuni “passaggi” della crocifissione, il braccio che non arriva e che si fa arrivare slogandolo.

Infine l’accusa di antisemitismo verso Gibson, vedendo il film, è infondata: la storia è quella.

E’ appurato che Gesù fu Crocifisso per volontà del Sinedrio, scaricando la responsabilità però su Pilato.

Ma è anche vero che la stessa Chiesa Cattolica con Papa Giovanni XXIII, prima, poi con Paolo VI, e ora con Giovanni Paolo II, ha sempre affermato che per quel fatto gli Ebrei non possono essere condannati allo sterminio. (FM)

LO SPECIALE SUL FILM

In Italia è uscito il 7 aprile, nel pieno della Settimana Santa, in 700 sale italiane, ma in America il tanto atteso, ma anche “discusso”, film di Mel Gibson, “La Passione di Cristo”, viene proiettato addirittura dal 25 febbraio, Mercoledì delle Ceneri.

Il grande battage sui media, “non organizzato” pubblicitariamente dalla produzione con investimento di denaro, ha trasformato il film sulle ultime 12 ore di vita di Gesù, in un fenomeno da record.

Nel primo giorno di programmazione in America il film ha incassato 26.556.573 dollari, un primato per una pellicola uscita nelle sale in una stagione non estiva (infatti in America, a differenza dell’Italia, la stagione cinematografica forte è in estate, mentre da noi è in autunno/inverno), e non festiva.

Il film, la cui lavorazione è costata a Gibson 30 milioni di dollari, in America è uscito su ben 4.643 schermi in 3.006 sale.

Un film particolare, quello di Mel Gibson, che lo stesso Papa Giovanni Paolo II  ha avuto modo di visionare nelle settimane passate – tra l’altro è una cosa inusuale che la Santa Sede confermi ufficialmente e per iscritto con un comunicato stampa la visione privata di un film da parte del Sommo Pontefice – senza tuttavia emettere nessun giudizio ufficiale, anche se giudizi “informali” stanno circolando ad iosa.

Il film, di cui ormai si parla da oltre un anno, girato in Italia, fra Matera e Cinecittà, racconta “le ore più difficili e importanti di Gesù, in cui spero venga fuori tutta l’umanità di questa storia, oltre che la religiosità”, ha dichiarato Mel Gibson premio Oscar per la regia di “Braveheart”.

Una delle particolarità interessanti è che Mel Gibson ha deciso di girarlo integralmente in latino e aramaico, e per questo arriva nelle sale in versione sottotitolata.

Il cast annovera, ovviamente, numerosi attori italiani, tra cui Monica Bellucci, nel ruolo di Maria Maddalena, Rosalinda Celentano in quello di Satana, Claudia Gerini, moglie di Ponzio Pilato e Sergio Rubini, il ladrone buono.

Stranieri invece gli interpreti principali: Jim Caviezel, Gesù, e Maria Morgenstern, Maria.

“La Passione” di Mel Gibson, ha comunque segnato un primo record, ancora prima dell’uscita del film: il sito ufficiale nei primi giorni di attivazione è stato visitato da più di 30 milioni di persone, di cui ben 187 mila contatti dalla sola Italia.

Ritornando alla visione papale c’è da registrare la seguente dichiarazione del Direttore della Sala Stampa Vaticana, Jaoaquin Navarro Vall, emessa lo scorso 22 gennaio: “Dopo essermi consultato con il Segretario personale del Santo Padre Sua Eccellenza Monsignor Stanislaw Dziwisz, confermo che il Santo Padre ha avuto l’opportunità di visionare il film ‘The Passion of the Christ’. Il film è una trasposizione cinematografica del fatto storico della Passione di Gesù Cristo secondo il racconto evangelico. È abitudine del Santo Padre non esprimere giudizi pubblici su opere artistiche, giudizi che sono sempre aperti a diverse valutazioni di carattere estetico”.

Tuttavia, prima di questa dichiarazione – ripeto inusuale per l’ambiente Vaticano – gran parte della stampa mondiale aveva raccontato, su “fonti attendibili” della Chiesa Cattolica, che il Papa avrebbe apprezzato il film, dicendo poi ai suoi assistenti che si tratta di “un ritratto accurato dei acconti biblici sulle ultime ore di Cristo”.

Sappiamo per certo che “La Passione di Cristo” è basata sulla narrazione del Vangelo e contiene solo dialoghi in latino, ebreo e aramaico, l’antica lingua della Palestina, e che fin dall’inizio del progetto è stato criticato da alcuni gruppi ebraici perché potrebbe suscitare sentimenti di antisemitismo, dipingendo le autorità ebraiche come i principali responsabili della morte del Nazareno.

Il film è molto crudo, costellato da scene molto forti di spietatezza e violenza, soprattutto riguardo alla flagellazione.

Le mani del Cristo, riprese in primo piano, mentre vengono inchiodate alla croce sono quelle del regista Mel Gibson.

Mel Gibson, che con le sue precedenti regie ha avuto grande successo di critica e pubblico, si dice abbia investito di tasca propria ben 30 milioni di dollari.

“Quando ho iniziato a girarlo – ha dichiarato Mel Gibson – dopo aver scritto il copione con profonda ispirazione, mai avrei pensato che avrebbe provocato a me e a tutti coloro che lo hanno scelto una sorta di Calvario. Rifiuto in blocco qualsiasi accusa di antisemitismo e nego nel modo più assoluto che nel film gli ebrei siano ritratti come i responsabili del martirio e della morte di Cristo. Tutta la mia vita, come uomo, padre di sette figli, cittadino inserito ovunque in battaglie contro ogni discriminazione religiosa o razziale, è stata vissuta, nelle piccole come nelle grandi scelte, da cattolico praticante, con il Vangelo sul tavolo del mio studio, non certo con una pistola”.

In America si sono tenuti cortei di protesta e picchettaggi dei cinema dove il film è proiettato.

Le dichiarazioni dei rabbini puntano soprattutto sulla “malafede”.

Eugene Korn, dell’Anti Defamation League afferma, senza aver visto il film, che è pieno dei “più biechi stereotipi che vedono il popolo ebraico pronto ad applaudire la crocifissione di Gesù Cristo in una nuova ondata di odio e fanatismo”.

Pronta la replica di Mel Gibson: “Mi hanno offeso, essere insultato come presunto portavoce della diffamazione antiebraica. A mio padre sono state attribuite dichiarazioni e prese di posizione antisemite. Qualcuno ha scovato un suo vecchio scritto per dimostrare che era arrivato persino a negare l’esistenza dell’Olocausto”.

Il Cardinale Dario Castrillon Hoyos, Prefetto della Congregazione per il Clero e Presidente della Pontificia Commissione “Ecclesia Dei”, recentemente ha dichiarato: “Per quello che ho visto, giudico il film un’opera poetica, ispirata e intimamente legata, da cattolico sincero, alla figura di Gesù Cristo. E’ un film religioso nel senso più alto”.

Secondo Padre Augustine Di Noia, Sottosegretario della Congregazione per la Dottrina della Fede, in base a quanto riporta il sito www.papaboys.tv, che riprende a sua volta un intervista resa alla agenzia spagnola “Zenit”, il nuovo film di Mel Gibson è una produzione di “squisita sensibilità artistica e religiosa”.

Padre Di Noia sottolinea inoltre che uno degli aspetti positivi e di fondo del film è la rappresentazione, nella morte di Gesù, “del dramma cosmico di cui tutti facciamo parte” cioè la eterna lotta tra il bene e il male.

Dal punto di vista della fedeltà al racconto evangelico, occorre dire che “il film di Mel Gibson non è un documentario, ma un lavoro di immaginazione artistica. Incorpora elementi dalla narrazione della Passione dei quattro Vangeli, ma rimane fedele alla loro struttura comune. Nei limiti di una ricostruzione cinematografica della Passione, il film è comunque fedele al Nuovo Testamento”.

Per espresso desiderio del regista nessun attore ha potuto parlare prima della prima ufficiale, “per evitare altri attacchi e ironie anche verso la mia scelta – ha dichiarato Gibson – di girare in lingue che bisogna continuare ad amare”.

Il riferimento a cui Gibson si è ispirato è “Il Vangelo secondo Matteo” di Pier Paolo Pasolini più che il “Gesù di Nazareth” di Franco Zeffirelli.

“Molte persone hanno raccontato questa storia, ma nessuna mi ha emozionato – ha dichiarato Gibson – erano tutte poco credibili, poco accurate. Pasolini mi è piaciuto moltissimo, il suo è un film crudo. Non sto cercando un nuovo Messia, ma voglio che nessuno esca dal cinema dopo aver visto il film così come è entrato. Io credo in qualcosa di superiore, perché se io fossi Dio saremmo tutti nei guai”.

Per la realizzazione del film Gibson ha trasferito in Italia parte della famiglia e iscritto i figli a scuola a Roma.

“Qui in Italia c’è tantissimo talento – ha detto Gibson – non ero mai stato qui tanto a lungo da accorgermene, l’Italia è un posto meraviglioso per viverci”.

Il regista ha potuto contare sulla scenografia di Francesco Frigeri e sui costumi di Maurizio Millenotti.

A Cinecittà sono stati ricostruiti il palazzo di Pilato, il tempio di Gerusalemme, il cortile della flagellazione, parte della Via Crucis e altre scene.

Si è girato da novembre a gennaio al fine di riuscire ad avere una luce particolare tra le rocce di tufo che faranno cosi rivivere la sua Palestina, che ha preso forma anche grazie ai produttori e artigiani locali che hanno realizzato le scenografie, tra cui il monte Golgota nell’altopiano murgico materano.

Francesco Faschino, uno studente di Matera, che ha seguito tutte le riprese sul set recentemente ha rilasciato la seguente dichiarazione: “Mel Gibson ha scelto quel periodo per un fattore di luce, di giochi di luce, si adattava ai momenti più intensi della Passione; la cosa che più mi ha colpito è stata quella del chiodo: quella scena l’ha voluta fare Gibson di persona. Poi mi ha colpito molto l’uso di uno speciale robot, fatto costruire appositamente, con le sembianze di Jim Caviezel, identico: un robot che respirava, trasudava, dal quale usciva il liquido simile al sangue, questo per le scene dirette sulla croce: molte volte è salito sù anche il protagonista, ma con il freddo, ha avuto problemi di ipotermia. Il robot si chiamava animatronic. Quando il regista stava girando la scena della crocifissione personalmente, assisteva un teologo del posto, padre Basilio Gavazzani, della Parrocchia di Sant’Agnese. Vi è stata una lunga e animata discussione tra i due, perché in realtà, come pochi sanno i chiodi furono conficcati sui polsi di Gesù, perché le mani attaccate alla croce non avrebbero retto il peso del corpo, ma la tradizione popolare li ha voluti poi sulle mani, così come le stigmate di molti santi compaiono sul palmo delle mani. Gibson difendeva la tradizione popolare. Un altro particolare che mi ha colpito sono state le iniziali del nome di Jim Caviezel: Jesus Christ, e che l’attore quando ha girato il film aveva 33 anni come Gesù. Mi ha anche colpito il clima di fede nel quale si svolgeva il film. Il protagonista aveva sempre un atteggiamento di fede: l’ho visto confessarsi spesso con Don Angelo, un sacerdote del posto e recitare il Rosario”.

Recentemente si è avuta anche una dichiarazione favorevole da parte dell’Arcivescovo John Foley, Presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali del Vaticano, che a proposito delle accuse di antisemitismo mosse alla pellicola, dice: “Certo ci sono ebrei nel film che chiedono la condanna di Gesù, ma anche l’Impero Romano è dipinto severamente. Considero il film una riflessione sulla Passione e sulle responsabilità che tutti noi, me compreso, abbiamo avuto nella sofferenza e nella morte di Gesù”. (fm)

I PRETI DI FIRENZE VISIONANO IL FILM
CON IL LORO CARDINALE ARCIVESCOVO

“Il film di Mel Gibson propone, con la crudezza del linguaggio cinematografico, la vicenda storica della Passione di Gesù. È una rappresentazione che ci aiuta a superare certe idealizzazioni, certe stilizzazioni della vicenda storica della Passione. Nello stesso tempo, mi pare che nella narrazione le scene di violenza abbiano come contrappunto scene di raccoglimento e di muta partecipazione. Il film mostra che Gesù accetta volontariamente la croce: si vede bene il suo sì detto a Dio e agli uomini. Gesù porta su di sé il peso dei peccati degli uomini, e offre il suo perdono a tutti: in questo senso, l’amore appare più grande della sofferenza”.

Così il Cardinale Ennio Antonelli, Arcivescovo di Firenze, ha commentato il film di Mel Gibson al termine della proiezione straordinaria organizzata dalla Diocesi.

Al cinema Variety sono intervenuti in 350 tra preti, religiosi, catechisti, insegnanti di religione.

Nel dibattito conclusivo, guidato dal responsabile del settore cinema dell’Ufficio Comunicazioni Sociali della CEI, don Dario Viganò, sono emersi qualche appunto critico ma soprattutto molti apprezzamenti per il film.

“Mi ha colpito particolarmente la figura di Maria – ha proseguito il Cardinale Antonelli – che appare donna forte e coraggiosa, capace di dire sì fino in fondo come Gesù”.

“Ciò che vediamo sullo schermo – ha aggiunto, rispondendo alle domande dei giornalisti al termine della proiezione – suggerisce che Cristo ha abbracciato l’umanità intera, con i suoi peccati e le sue sofferenze, ha portato il peso delle atrocità di tutta la storia umana, comprese quelle del nostro tempo”.

Riguardo alle accuse di antisemitismo, “posso capire – ha affermato l’Arcivescovo – il timore da parte delle comunità ebraiche che questa rappresentazione potesse ravvivare sentimenti antigiudaici. Ma è un timore a cui non corrisponde, mi sembra, nessuna intenzione da parte del regista che mette in evidenza la crudeltà dei Romani non meno di quella dei Giudei”.

“Mi sento – ha concluso – di consigliarne la visione a giovani e adulti: credo invece che non sia adatto ai bambini”. (fm)